LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Giuliana Campisi
|
|||
La sentivo arrivare, nell'aria
odore di ferro e di pane bruciato, in lontananza rumore smorzato di ferraglia e di motori. E un brusio, come un alveare, come il ronzio di una citta' che si sveglia al mattino, e poi quei colori arrabbiati grigio, nero, bluastro spennellati sui muri e sul cielo. Poi il primo refolo di vento, piccolo turbine di parole e pezzi di carta, poi una ventata piu' violenta, finestre sbattute, grida e schiaffi nel cuore. Un brontolio minaccioso di cane arrabbiato, un cane spaventato che uggiola ed infine tempesta. Tuoni, fulmini, latrati, pioggia e pianto, parole e amore, accuse e grandine. Acqua, graffi nell'anima e ancora acqua. E sospiri sui tetti divelti, pioggia sulle tegole cadute e sulle porte scardinate. Le finestre sono a pezzi, il vetro, come pioggia di brillanti o di stelle, ricopre ogni cosa, ogni casa, in ogni caso. L'acqua scintilla sui tetti rimasti, sulle ciglia abbassate, ricama nei campi e sul viso arabeschi trasparenti - non nasconderanno le cicatrici - Poi e' silenzio, l'aria immobile, le macerie dell'anima non fanno rumore, e' la quiete che attraversa la tempesta, che mai si placa e tutto inonda e distrugge, per sempre. |
|